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Juventus, quando ad allenare sono i giocatori: “È un modo per creare responsabilità”

Alla Conti Football Cup l’allenatore della Juventus Stephan Saporito è andato in tribuna e i giocatori hanno condotto la squadra

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Nella Conti Sport City, centro sportivo portodanzese di proprietà della famiglia Conti, è andata in scena la prima Conti Football Cup, prima edizione di una kermesse riservata alla categoria Pulcini. A partecipare, oltre alle “padroni di casa” Anzio e Nettuno, Scuole Calcio del panorama professionistico e dilettantistico: Juventus, Inter, Roma, Lazio, Scuola Calcio Roma, Grifone, Ostiamare, Romulea, Samagor e Polisportiva Carso. Durante la competizione, occhi puntati non soltanto sull’esito delle gare e sulle prestazioni dei bambini, ma anche sui metodi di insegnamento di alcune delle fucine di talenti più importanti d’Italia. A rubare la scena al riguardo è stata la Juve: a dare indicazioni ai giocatori in campo non era l’allenatore, ma i loro compagni. La scelta è ponderata, metodologica, e nasce dalla volontà di responsabilizzare i singoli, abituandoli ad agire in autonomia, e di rinforzare il gruppo.

“Questa iniziativa è stata introdotta dall’anno scorso dal nostro Responsabile Paolo De Ceglie. Una volta l’anno diamo la possibilità ai bambini di vivere in autogestione un torneo. Sono loro ad organizzare la squadra, a preparare la parte pre, il riscaldamento – spiega l’allenatore Stephan Saporito ai microfoni MYSP – La mia figura in questo caso è di supervisione, ma non c’è nessun intervento. Decidono tutto loro. È il modo per creare autonomia, responsabilità, far prendere loro decisioni, fare in modo che si relazionino e che possano trovare anche durante le difficoltà della partita il modo per superarle. Sicuramente restare fuori e vivere l’esperienza dagli spalti dal mio punto di vista non è così semplice. C’è la voglia di dare qualche suggerimento, però è anche bello vedere se loro se ne accorgono, se ci arrivano, quando e come la gestiscono. Poi alla fine di ogni partita abbiamo avuto un momento di restituzione, chiedendo come fosse andata, cosa fosse andato meglio e cosa ci fosse da migliorare, così da creare ancora più amalgama. Un’iniziativa che, indipendentemente da come sia andato il torneo, peraltro bene, credo che abbia dato buoni spunti di lavoro e di crescita, oltre che dei segnali che mi porto a casa io su come reagiscono alle difficoltà e dunque su che tipo di relazioni andare a stimolare nei prossimi mesi”.

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