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Montespaccato, Cioeta: “Peccato, sarebbe potuta andare diversamente”

A due mesi di distanza, l’ex direttore tecnico del Montespaccato Paolo Cioeta spiega le ragioni che hanno portato alle sue dimissioni

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L’ex direttore tecnico del Montespaccato Paolo Cioeta. © MySoccerPlayer

Sedici anni alla Tor Tre Teste, tre da osservatore della Sampdoria e infine due al Montespaccato. Nel palmares, da allenatore e dirigente, 3 Scudetti, 8 titoli regionali e 3 Beppe Viola. All’interno del panorama dilettantistico laziale, Paolo Cioeta non ha bisogno di presentazioni. Dal 31 gennaio, però, si è provvisoriamente defilato dal rettangolo verde, dopo le dimissioni rassegnate al presidente Monnanni. Nell’intervista rilasciata ai microfoni MYSP ha raccontato il perché della separazione dal club crociato.

Come si sente ora che ha accantonato momentaneamente il mondo del calcio?
“Rilassato. A Montespaccato sono stati anni intensi, dove è stato fatto secondo me un gran bel lavoro. Ora sto cercando di ritrovare le motivazioni per ricominciare”.

Perché parla di voler ritrovare le motivazioni? C’è stato un fatto scatenante che l’ha portata a perderle?
“Dopo aver condotto una società dove c’era soltanto una categoria Élite ad avere l’anno dopo tre Élite, una Nazionale e una Regionale che ha vinto lo scudetto, ci sono stati motivi che vanno oltre il calcio che mi hanno portato a dare le dimissioni”.

Cosa è successo?
“Eviterei di scendere nei particolari. Diciamo che queste situazioni nascono sempre da divergenze di vedute. Sono state perse le motivazioni, non c’erano più i presupposti per andare avanti. Peccato, sarebbe potuta andare diversamente. In questo mi hanno seguito i miei collaboratori Andrea Calce e Antonio Politi, che ringrazio per il lavoro svolto in questi due anni. Sono professionisti ma soprattutto persone serie e competenti”.

E ora di cosa si occupa?
“Di altre attività che mi permettono di non pensare al calcio. Adesso sta girando una voce sul fatto che io sia andato via da Montespaccato perché avevo una società dietro, ma questo non è assolutamente accaduto. È stata una decisione molto dura da prendere, perché abbiamo lasciato squadre fatte con l’obiettivo di mantenere le categorie e la 2009 costruita per ottenere un buon risultato. Questa al 99% prenderà un’Élite, quindi il Montespaccato si ritroverà, se si salverà anche l’Under 15, tutte e quattro le categorie Élite, con la Juniores Nazionale già passata alle eliminatorie e una Under 18 prima in classifica e pronta per le Finali. Lasciare è stata quindi una decisione sofferta, ma nella vita ci sono cose più importanti, che vanno oltre il calcio. Voglio precisare che mi sono dimesso, non sono stato mandato via. È una precisazione a cui tengo, visto che in altre testate importanti del panorama laziale non è mai stata data questa informazione”.

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Dove si vede l’anno prossimo?
“Al momento non mi vedo da nessuna parte. Ho avuto dei contatti, sono stato chiamato da più di qualche società, ma non ho intenzione di ricominciare da subito. Trovando le motivazioni per un lavoro serio può darsi che riparta tutto, ma per ora non ho pressione”.

Cosa cerca Paolo Cioeta all’interno di una società? Un progetto vincente?
“No, se ci sarà occasione uno dove si possa lavorare bene, con tranquillità e far crescere i ragazzi, che è ciò che purtroppo ultimamente si sta perdendo. Si pensa soltanto al risultato, che invece è la conseguenza del lavoro che si fa. È un valore che ci siamo posti alla Tor Tre Teste nei 16 anni in cui sono stato li: prima bisogna far crescere i giocatori e gli allenatori, poi da lì i risultati vengono da soli. Ne ho avuto la dimostrazione lo scorso anno con l’Under 18, che, nell’arco della stagione, è cresciuta in modo esponenziale portando a Montespaccato titolo regionale e Scudetto, e soprattutto ragazzi in Prima Squadra, vedi Mascella. Ma non è nemmeno detto che si debba vincere per forza”.

Cosa sente di aver lasciato negli ambienti nei quali ha lavorato in questi anni?
“Sono soddisfatto di tutto quello che ho fatto. Mi sono relazionato bene con tutte le società di Roma, non ho avuto problemi con nessuno. Questo vuol dire che mi sono comportato correttamente come persona nei confronti di tutti, ma soprattutto dei ragazzi e di conseguenza dei genitori. Difficilmente mi è capitato di avere discussioni con loro, quando abbiamo avuto dei confronti ho sempre detto che è il campo a parlare. Non ci saranno mai favoritismi per nessuno. Poi girano voci sul fatto che giochino ragazzi per le cosiddette “pratiche”. Io di pratiche non ne ho mai fatte, non ha senso che accadano cose di questo tipo. Ripeto: nel calcio deve parlare il campo”.

Come vede il calcio dilettantistico al momento?
“Sinceramente mi sono un po’ staccato, sto seguendo poco. Da quando ho cominciato alla Tor Tre Teste nel 2004 è cambiato tanto, in questo momento forse non mi ci ritrovo”.

Cosa è cambiato?
“Il livello tecnico si è abbassato, su questo non c’è dubbio. Forse la sosta per il Covid ha inciso in questo senso. Sono cambiati anche i personaggi, si invecchia. Ormai sono vent’anni che faccio questo lavoro, non un giorno”.

Tra poco ci sarà il Beppe Viola, un torneo che lei conosce bene. Come sarà vederlo da semplice spettatore?
“È un torneo importante, che va avanti da quarant’anni. L’ho vissuto sia da allenatore sia da direttore sportivo, e si possono trovare ragazzi molto interessanti che possono avere prospettiva anche tra i professionisti. È bello partecipare, è bello viverlo e anche vederlo da fuori”.